venerdì 11 settembre 2015

            6 APRILE… L’INIZIO DI UN VIAGGIO

Pianto, grida, dolore.
Si balla, si cade, si sussulta ancora.
È buio, 
sol il chiarore delle stelle ci illumina la via della salvezza.
La terra bolle di calda sofferenza,
nel freddo della notte, che il nostro cuor vuol gelare. 
Oscuro è il paesaggio: morte e desolazione regnano su tutti noi.
E poi ci sei tu, 
con quel beffardo sorriso che di rabbia ci fa appassire.
Nell’aria acre odor di sangue, cibo eterno della tua anima.
Ed eccoti ancora, 
con quella voce cupa e tenebrosa che tutti fa tremare.
L’angosciante lamento della bambina, in cerca della perduta figura materna:
<<Ti prego, mamma, resta con me, non mi lasciare>>.
Ed ancora.
Altri calcinacci, altro dolore, altre ferite.
<<Corri, non ti fermare!>>.
E poi…
poi il camino non più unito alla parete, il tetto che crolla, il pavimento che sprofonda.
Il buio.
Ti vedo.
Ti vedo e ti sento.
Colgo la tua presenza.
Immenso dragone che, in un sol attimo, con una sola tua fiammata, tutto hai reso cenere:
i nostri sogni, le nostre speranze, le nostre vite.
La polvere offusca il mio animo ma ecco, un soave suono lontano pervade i miei timpani.
Una flebile voce, tra le macerie grigie e sanguinolente.
Una forte tenera mano che mi afferra.
Un grido di gioia bacia attimi di terrore.
Lacrime.
Mi prende e mi porta con sé, il mio alato salvatore.
Ma rieccoti, oh…maledetto! 
Nuova sofferenza vorresti portare…
Angeli e Demoni corron alle armi.
Macchie di dolorosa passione su ogni dove, ma tu, turpe essere, continui a scappare.
Eppure il tuo caliginoso destino è sempre più vicino…sempre più vicino…
Un gioioso lampo di luce squarcia il nero cielo.
Nuove lacrime colmano gli spenti occhi,
lacrime di incredula felicità,
felicità per l’inattesa ed insperata vittoria.
Ora sei ciò che volevi…prigioniero della tua stessa oscurità…e noi della nostra libertà!
Libertà condannata a portare con sé, in eterno, ingombranti catene.
Il ricordo è oramai indelebile in noi.
Ma niente è più come prima…
Persone e monumenti caduti in battaglia.
Vicini allontanati, rapporti come le mura sbriciolati.
Giardini, una volta curati con amore, oggi incolte savane selvagge.
Ancora non ti decidi ad abbandonare le nostre tormentate anime.
Uno spettro invisibile e straziato sei Tu, abominevole essere.
Angosciato dal terrore di vedere le nostre anime sorvolare spensierate i nostri amati monti,
tra le accoglienti e protettive ali della nostra focosa Madre Terra.
Quella stessa Madre che, quel maledetto lunedì, ci fece intraprendere un lungo viaggio…
Un viaggio fisicamente interiore.
Un viaggio che ci ha condotto verso una strada senza ritorno.
Un viaggio alla ricerca di un sé stesso oramai perduto,
alla ricerca di un passato che non può più tornare,
di quella infanzia terminata troppo in fretta per alcuni, per altri, per molti altri, mai vissuta.
Mai vissuta perché…beh, il perché è rimasto sotto le macerie.
Un viaggio durato anni.
Sette dannati anni, in cui il sopravvivere è stato il vero emblema.
Anni in cui nuove cristalline voci hanno inondato le nostre sorde orecchie.
Voci sconosciute che non evocano emozionanti ricordi nelle nostre perse menti.
Nuovo marino intonaco ha coperto le montanari mura che ci han visto nascere.
L’aria salmastra ha pian piano addormentato i nostri polmoni,
l’azzurrino mare i nostri occhi,
la nuova città ha alimentato i nostri sospiri.
Questa terra sconosciuta che troppi anni ci sta considerando suoi figli adottivi ma noi,
in verità,
non ci siam mai sentiti così.

Poesia partecipante al 4° concorso nazionale di poesia "G. D'Annuntiis". Autrice Maria Laura Diano, frequentante l'Istituto Aeronautico di Corropoli.

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